Giorgio PERLASCA

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Giorgio Perlasca nacque a Como il 31 gennaio del 1910, durante la sua gioventù aderì al Partito Nazionale Fascista e nel 1930 si arruolò nelle Camicie nere.

Nel 1936 prese parte come volontario alla guerra d’Etiopia e nel 1937 alla guerra civile di Spagna, durante la quale apprese molto bene la lingua e la cultura spagnola. Rientrato in Italia, si distaccò dal fascismo a causa della promulgazione delle leggi razziali e dell’alleanza appena stipulata tra l’Italia fascista e la Germania nazista.

Nel novembre del 1939 chiese e ottenne una licenza militare indeterminata, che gli permise di staccarsi dall’ambito militare e dedicarsi alle attività commerciali.

Nel 1940 si sposò con Romilda Del Pin e iniziò a lavorare come agente venditore in Croazia, Serbia, Romania, Ungheria e Budapest. L’azienda in cui era impiegato si occupava del commercio di carni vive e lavorate, un’attività di interesse nazionale, ciò permise a Perlasca di non essere coinvolto in prima persona negli eventi bellici e di svolgere attività commerciale internazionale con permesso diplomatico italiano.

Perlasca rifiutò l’adesione alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini e il giorno dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati,  fu ricercato dai tedeschi e fuggì. Si consegnò, fu arrestato e internato. Fuggendo nuovamente e sfruttando un finto permesso medico si rifugiò presso l’ambasciata spagnola e si trovò a gestire il “traffico” e la sopravvivenza di migliaia di ebrei nascosti nell’ambasciata e nelle case protette presenti nella città. Tra il 1944 e il 1945, Perlasca rilasciò migliaia di finti salvacondotti che conferivano la cittadinanza spagnola agli ebrei, salvandoli dalla deportazione nazista.

Basandosi sugli averi di ciascuno, curò l’organizzazione e l’approvvigionamento dei loro viveri, recandosi ogni giorno presso le abitazioni e utilizzando gli scarsi fondi dell’ambasciata, e poi i propri. Grazie all’opera di Perlasca, oltre 5000 ebrei furono direttamente salvati dalla deportazione. Dovette abbandonare il suo ruolo di diplomatico spagnolo dopo l’entrata a Budapest dell’Armata Rossa.

Nel 1945 riuscì a tornare in Italia, non raccontò la propria vicenda in modo pubblico e nemmeno alla propria famiglia, i pochi organismi istituzionali ai quali comunicò la vicenda, lo ignorarono per ragioni diplomatiche, politiche o per scarsa attenzione.

Nel 1987 alcune donne ebree ungheresi residenti in Israele rintracciarono finalmente Perlasca e divulgarono la sua storia di coraggio e solidarietà.

Perlasca fu insignito del riconoscimento di Giusto tra le Nazioni, per la sua opera ricevette numerose medaglie e riconoscimenti anche dal presidente della Repubblica Italiana, Francesco Cossiga, e la Spagna gli donò il titolo di Comendador de la Real Orden de Isabel la Católica. Sono stati realizzati diversi memoriali che ricordavano la sua grande opera a Gerusalemme e a Budapest. Nel 1991 fu insignito dell’onorificenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana e gli fu consegnata la Medaglia d’oro al Valor Civile. Morì all’età di 82 anni per un problema cardiaco ed fu sepolto nel cimitero di Maserà di Padova.

In Israele sono stati piantati in una foresta 10.000 alberi a simboleggiare le vite degli ebrei da lui salvati in Ungheria, mentre in Italia è stata istituita la Fondazione Giorgio Perlasca, su iniziativa del figlio Franco.