Calogero MARRONE

fonte: https://www.assostampa.it

Calogero Marrone, secondo di dieci figli, nacque in Sicilia il 12 maggio 1889 a Favara, piccolo centro in provincia di Agrigento dove, sopravvissuto alla Prima Guerra Mondiale, fu assunto in qualità di segretario della Sezione Combattenti e Reduci, all’interno del comune.

Tuttavia, vicissitudini e scelte, portarono ben presto quest’uomo ad allontanarsi definitivamente dalla propria terra e nel 1931, Calogero vinse un concorso che bastò da solo a fargli superare i confini della Sicilia, percorrere buona parte della Penisola e giungere Varese con sua moglie Giuseppina ed i loro quattro figli. Qui, l’uomo ricoprì inizialmente il ruolo di applicato comunale. Successivamente, le doti dimostrate gli valsero un incarico più importante, lo stesso grazie al quale passerà alla Storia: dal 1937, divenne capo dell’Ufficio Anagrafe.

Dopo l’8 settembre 1943, giorno in cui il generale Badoglio rese noto l’armistizio firmato in gran segreto con le forze alleate, Varese si trasformò in rifugio per numerosi ebrei ed antifascisti perseguitati. Uomini e donne in pericolo erano consapevoli di quanto questa città fosse vicina alla Svizzera, Paese neutrale, da raggiungere per scampare alla morte. Tuttavia, non sarebbe bastato giungere più facilmente alla frontiera per salvarsi: occorreva possedere i documenti necessari, oltre che essere in regola con gli obblighi militari, per superare il confine. Calogero Marrone, convinto antifascista ed ostinato partigiano, si servì della propria posizione lavorativa per rilasciare numerosissimi documenti d’identità falsi e, con essi, l’opportunità di sopravvivere e ricominciare a vivere per interi nuclei familiari, che evitarono la deportazione in campi di concentramento proprio grazie all’attività portata avanti all’interno del suo ufficio di Palazzo Estense per più di tre mesi da questo valoroso siciliano. E’ corretto giudicare quest’uomo un incosciente? Ci piace pensare che Calogero Marrone fosse consapevole degli innumerevoli rischi legati alle proprie azioni, illecite ma umanamente giuste. Continuò a scegliere solidarietà e altruismo fino a quando, il 4 gennaio 1944, bussò alla porta dell’appartamento di Marrone don Luigi Locatelli, canonico della Basilica di San Vittore, in stretto contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale, per informarlo che i tedeschi erano alle porte e che presto questi lo avrebbero raggiunto ed arrestato. Di fronte ad un evidente tradimento, forse ad opera di un impiegato del suo stesso ufficio, Calogero non scelse di fuggire. Fu “sospeso cautelarmente dal servizio” dal Podestà repubblichino di Varese, Domenico Castelletti “per l’accertamento delle eventuali responsabilità sull’irregolare rilascio di carte d’identità”. Dopo esser stato informato sulle indagini avviate a suo carico, promise di non lasciare la zona (anche per paura di compromettere la vita dei componenti della propria famiglia). Tre giorni dopo, il 7 gennaio, scattò l’arresto, il secondo della vita di Calogero. Infatti, anni prima l’uomo aveva preferito scontare mesi di reclusione piuttosto che iscriversi al Partito Nazionale Fascista.

Questa volta, l’uomo venne prelevato dalla propria abitazione da ufficiali del Comando Tedesco della Polizia di Frontiera: venne accusato di collaborazionismo con la Resistenza, favoreggiamento nella fuga di ebrei e violazione dei doveri d’ufficio. Dopo aver trascorso un periodo di detenzione all’interno del carcere di Varese prima, in vari istituti penitenziari poi, venne deportato nel campo di sterminio tedesco di Dachau. Qui, ammalatosi di tifo, concluse la sua esistenza il 15 febbraio del 1945.